ANDORA – Il Museo Mineralogico Luciano Dabroi di Palazzo Tagliaferro ha ospitato eventi collaterali alla quattordicesima edizione del Festival della Scienza di Genova.
Collegati alla parola chiave del Festival, “Segni”, il Comune di Andora in collaborazione con CEContemporary ha proposto una mostra, “Sign of Life – Rappresentare il gesto” dell’artista Vania Comoretti, due laboratori didattici.
Moltissime le tipologie di “Segni”, prese in considerazione dal Festival della Scienza, da quelli del linguaggio matematico o dell’evoluzione a quelli molecolari o genetici, fino ad arrivare a quelli che costituiscono la prova del delitto e la possibilità di vita su altri pianeti. Al Museo Luciano Dabroi, in linea con il programma di valorizzazione del patrimonio di minerali e fossili consistente in oltre 5000 reperti esposti nelle sale del primo piano di Palazzo Tagliaferro, i “Segni” sono stati quelli artistici, archeologici e paleontologici. La mostra di Vania Comoretti sarà visitabile fino al 18 dicembre 2016.
Il Museo sarà aperto per la durata del Festival dalle ore 15.00 alle 19.00 con ingresso gratuito.
Vania Comoretti (nata a Udine nel 1975 città in cui risiede) lavora pittoricamente e graficamente, ad una, tanto rigorosa quanto estrema, reinvenzione topografico archivistica dell’umano e della sua espressività gestuale.
La mostra proposta dal Museo Mineralogico Luciano Dabroi presenta un corpus centrale di opere dell’artista strettamente collegate alla tematica del quattordicesimo Festival della Scienza di Genova: Segni.
Giulia Pezzoli analizzando la serie inTRA dice:
“[…] fessure e solchi […] dove i segni lasciati dalla pressione costante e prolungata di accessori e indumenti che indossiamo quotidianamente diventano soggetti lontani, riconoscibili ma minacciosi nel rivelare la naturale debolezza della carne umana. Come leggere membrane su cui si sedimentano le tracce del nostro vissuto, gli acquarelli di Vania Comoretti diventano ricettacoli di auree quotidiane, di momenti di vita e degli oggetti che li hanno caratterizzati. Trasformandosi in filtri tra noi e il mondo sensibile, essi rivelano la profonda relazione che esiste fra l’uomo e la realtà che lo circonda e, allo stesso tempo, se ne allontanano per generare un nuovo universo di microscopiche forme astratte.”
Gli inTRA sono segni mai irreversibili e sempre temporanei, simboli di caducità dell’esistenza che tutti accomuna. L’artista registra nel suo scenario di frammenti, temperature interne ed esterne, culturali e ambientali, psicologiche e comunicazionali, che fanno dell’epidermide una pellicola sensibile e impressionabile come quella fotografica su cui restano impressi i segni della vita.
In mostra, si articolano, anche i suoi close-up Sign sul linguaggio, non verbale, della gestualità spontanea o iconograficamente codificata e simbolica delle mani, con rimandi a chirologia, chironomia, chiromanzia, ma anche a gesti e posture nella pittura sacra o profana degli antichi maestro da Van Dyck a Rubens.
Non cessando di dilagare il supporto cartaceo con l’acquerello o la china, per ottenere la pigmentazione epiteliale di base, non cessando di scrivere depressioni puntiformi o rilievi cutanei, superfici lisce o striate, l’artista lavora all’idea di texture, di retinatura stocastica, su cui si modula la frequenza dei punti strutturanti la scala dei mezzi toni, con una capacità grafico-pittorica che, se da una parte afferma la corporeità di un’immagine, dall’altra ne rivela anche l’inconsistenza finzionale. Ma perché, a ben guardare, si ritrova, nella sua inarrivabile tecnica del tratteggio, sia grafico che cromatico, quel processo di analisi che presiede alla pratica del restauro o della conservazione di zone danneggiate di un’opera d’arte? Un restauro, occorre dirlo, inteso come una disciplina critica e non solo tecnica. La risposta è semplice e automatica: perché questa artista si è anche diplomata in Restauro pittorico all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Questo spiega anche la sua predilezione per la parte sul tutto, per il particolare sull’insieme. Spiega quella sua ossessiva attenzione al dettaglio che si ritrova nell’arte fiamminga, rinascimentale, di segno principalmente mitteleuropeo. Accanto, tuttavia, alla sua scelta di stilemi che affondano le radici nella storia dell’arte, non si possono non rilevare gli effetti di una forma mentis contemporanea che la induce a condividere un approccio all’immagine pittorica di artisti, esistenzialmente e psicanaliticamente tormentati, come Bacon, Freud, Jenny Saville (membro, quest’ultima, della Young British Artists) o all’immagine fotografica documentaristico-concettuale di esponenti della Scuola di Düsseldorf come, tra gli altri, Berndt e Hilla Becher, Thomas Ruff, Thomas Struth, Candida Höfer, Axel Hütte,Thomas Demand e Andreas Gursky.