Un’indagine sulla relazione uomo – ambiente e il significato più profondo della natura attraverso le opere fotografiche dell’artista messinese.
Le iridescenti sale del Museo Mineralogico Luciano Dabroi, accoglieranno le fotografie, le installazioni, le sculture e le light box dell’artista messinese che dopo aver conseguito la laurea in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, vive e opera a Mozzo, nei pressi di Bergamo.
La mostra propone una riflessione sul mondo naturale filtrato dall’occhio sensibile di Pina Inferrera. Il pubblico entrerà in sintonia con i paesaggi e le atmosfere catturate dall’artista che attraverso i suoi scatti ci ricorda quanto la nostra vita sia legata ad una natura complessa e delicata che troppo spesso è minacciata dagli interessi umani.
Una mostra da non perdere per la potenza delle immagini e per le emozioni trasmesse dai paesaggi catturati da Pina Inferrera. Opere che in alcuni casi comunicano tragicità per una natura ferita ma che allo stesso tempo non perde il suo fascino creando atmosfere quasi oniriche. Pina Inferrera offre agli spettatori uno spunto di riflessione sull’ambiente attraverso punti di vista inediti che permetteranno al pubblico di mettersi negli occhi dell’artista fotografa. Grazie al mezzo della fotografia digitale che viene successivamente rielaborata e manipolata dall’artista, Pina Inferrera presenta laghi, boschi e lande ghiacciate sia legate al nostro territorio sia ai paesaggi della Normandia in cui si è recata in diversi viaggi. I visitatori entreranno in rapporto con una visione di una natura che preserva il proprio senso mistico e misterioso.
Attratta dalla Natura, a partire dagli anni 2000 inizia a dedicarsi alla fotografia digitale, su carta baritata, dai forti contrasti e dai colori saturi ed a magiche scatole retro-illuminate che rappresentano la proiezione della sua visione di un mondo incontaminato. L’artista con molta pazienza indaga luoghi da lei conosciuti e poco frequentati in quanto la presenza umana risulterebbe un elemento di disturbo. Pina Inferrera indaga la natura catturando le atmosfere con le quali si è sentita più in sintonia. Nelle sue fotografie vengono presentati tre stati naturali: quello aereo costituito dalla luce e dal cielo, quello materiale dato dagli alberi e dal fogliame che rappresentano il soggetto più evidente con cui confrontarsi e quello acqueo che si trova nella superficie specchiante in cui ciascun elemento converge per assumere nuove, vitali sembianze. L’elemento dell’acqua permette all’autrice di svelare il riflesso delle luci e la delicatezza dei cromatismi introducendo uno spiazzamento percettivo molto particolare. In mostra saranno presenti le serie La Luce di Claude Monet e Dalla Luce nell’acqua, che mostreranno come l’illuminazione naturale ed i suoi mutamenti siano soggetti fondamentali delle sue opere che acquistano diversi significati a seconda dell’incidenza della luce sugli elementi della natura. Le fotografie della serie “La Luce di Claude Monet sono frutto di diversi viaggi fatti dall’artista in Normandia, lungo la Senna. Le immagini, in cui gli elementi privilegiati sono la luce e le vibrazioni dell’acqua, riprendono i luoghi dipinti da Monet, pittore caro a Pina Inferrera che si è avvicinata al suo lavoro grazie a questa esperienza fotografica in Francia.
L’artista riflette sull’ambiente e sulle trasformazioni che questo subisce a opera dell’uomo. Nei suoi scatti vengono presentati paesaggi immersi in un’atmosfera fantastica e volutamente irreale. Le fotografie proposte nelle sale del Museo Mineralogico faranno riflettere il pubblico che si troverà di fronte a degli scenari malinconici di una natura deturpata come nella serie Aura Aurea.
Quelli di Pina Inferrera sono ritratti di bellezze naturali ambigue, rovinate spesso dall’uomo e tuttavia fruibili. Le immagini fotografiche si muovono fra reale e surreale, proponendo uno studio della realtà obiettivo ma senza rinunciare a creare una visione particolarmente poetica. Attraverso il suo lavoro l’artista indaga le relazioni fra uomo e natura sottolineando l’importanza del rispetto dell’ambiente.
L’osservatore potrà inoltre contemplare le opere della serie “Rerum Natura” che, se ad un’osservazione superficiale sembrano colme di malinconia e solitudine, ad un’analisi più approfondita trasmettono un imprevedibile senso di vitalità. Le radici di questi tronchi tagliati, spostati dalla furia della natura sulle rive deserte di terre solitarie, sembrano infatti cercare di afferrare la terra e le pietre come se le loro radici si trasformassero in tentacoli alla ricerca di salvezza.
Le sale del Museo Mineralogico accolgono quattro opere autoportanti che rappresentano paesaggi riflessi che esaltano la spettacolarità della natura in una visione di infinito che nell’acqua ora si scolora ora si accende, coinvolgendo tutti gli elementi naturali, vegetazione, luce e la poeticità di una visione legata alla liquidità che rimanda al grembo materno e all’eternità delle emozioni. Queste opere rappresentano dei riflessi di vegetazione nelle acque della Senna. Un dialogo fra uomo e ambiente dove le immagini naturali vengono inglobate dal materiale sintetico trasparente creato dall’uomo e che ne accentua la luminosità- Il materiale artificiale viene in questo caso usato in maniera inconsueta per assorbire le fotografie e supportarle grazie alla struttura plastica autoportante collocata sul pavimento cosparso da scarti di lavorazione industriale. Una riflessione su come la tecnologia e le sperimentazioni scientifiche non debbano essere respinte ma piuttosto utilizzate in modo costruttivo cercando un equilibrio fra uomo e natura.
Pina Inferrera farà riflettere il pubblico sulla responsabilità che ha l’uomo nei confronti del mondo in cui viviamo. Crossing in water, installazione appartenente alla produzione portata avanti dall’artista negli anni 90, è infatti creata attraverso tubi di policarbonato e scarti di produzione industriale al cui interno sono presenti bottiglie di plastica usate e tagliate a mano che creano una spirale retrattile che ricorda il modello del DNA ma anche un morbido riccio di capelli. L’installazione allude al consumismo indotto dall’uso esagerato della plastica che incrementa l’inquinamento del nostro pianeta. L’opera però vuole anche stimolare lo spettatore e fargli considerare come questo materiale possa essere recuperato e riciclato per altri usi. Il movimento creato dalle bottiglie e il riflesso della plastica rimandano inoltre all’elemento dell’acqua particolarmente presente nelle opre dell’artista che ne esaltata la purezza, trasparenza e brillantezza.