VISITA GUIDATA ALLA COLLEZIONE MUSEALE
La visita permetterà agli appassionati di minerali di scoprire sia campioni internazionali di notevole pregio quali gessi, azzurriti, malachiti, quarzi e fluoriti provenienti da varie parti del mondo oltre a campioni rinvenuti in Liguria quali i quarzi “a tramoggia” della Val Nervia (Imperia). L’evento è possibile grazie alla pluriennale collaborazione del Museo Luciano Dabroi con i docenti del DISTAV, il Dipartimento Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova.
SGUARDI LATERALI | CORDE DI VIOLINO DI EMILIO MISANI
Quel che c’è da guardare/ è tra gli occhiali e quel piccolo/ brandello di protezione/ che serve a coprire quello/ che nessuno ha mai voluto/ osservare con attenzione.
FESTIVAL DELLA SCIENZA 2022 | PAROLA CHIAVE: LINGUAGGI
Palazzo Tagliaferro ed il Comune di Andora, sono lieti di comunicare che il Museo Mineralogico “Luciano Dabroi” è stato selezionato per l’ottavo anno consecutivo quale location esterna del Festival della Scienza di Genova, uno dei più grandi eventi di diffusione della cultura scientifica a livello internazionale. Un prestigioso riconoscimento che conferma il Museo Dabroi punto di riferimento per la divulgazione scientifica, risultato dell’intenso programma di valorizzazione attivato in questi ultimi anni, articolato attraverso percorsi didattici rivolti alle scuole, mostre d’arte dai contenuti collegati alle tematiche della Natura e della Terra, convegni e conferenze in grado di coinvolgere curiosi, appassionati, studenti, artisti e autori. Nell’ambito del Festival della Scienza ed. 2022 il Museo Mineralogico “Luciano Dabroi” ha previsto aperture straordinarie e programmato laboratori a cui le scolaresche potranno partecipare gratuitamente. Parola chiave del ventesimo Festival della Scienza di Genova: Linguaggi Il tema ha dato al nostro polo culturale l’occasione per creare progetti che permetteranno ai partecipanti di indagare e approfondire il tema del linguaggio collegato ai minerali e nello specifico le modalità di attribuzione della nomenclatura ai minerali oltre al loro utilizzo a sostegno del linguaggio visivo. Le classi potranno scegliere fra le seguenti proposte: 1. Laboratorio “Il linguaggio visivo e i minerali nelle epoche antiche” Rivolto alle scuole primarie: classi prima, seconda e terza Contenuti Laboratorio : Gli alunni parteciperanno ad un laboratorio suddiviso in due parti una teorica e l’altra pratica. Parte teorica: Nella parte teorica gli studenti potranno esplorare il linguaggio visivo realizzato attraverso l’utilizzo dei minerali. Fin dalle poche antiche i minerali sono stati impiegati per la creazione di colorazioni naturali. La capacità di dipingere è stata la prima abilità che ha distinto definitivamente gli esseri umani dagli altri ominidi e la pittura è stata anche il primo linguaggio con cui l’uomo ha imparato a comunicare, decine di migliaia di anni prima di inventare la scrittura. Nell’Età della Pietra nacque l’arte rupestre. I minerali usati erano le ocre rosse e gialle, derivate dagli ossidi e idrossidi di ferro, e l’ossido di manganese (principalmente pirolusite) insieme al carbone vegetale per il nero. I minerali venivano macinati finemente. Con il passare del tempo i pigmenti a volte erano uniti tramite un legante di origine naturale come la colla di coniglio, il rosso d’uovo e i derivati del latte. I minerali maggiormente utilizzati in antichità erano: l’orpimento e ossidi di piombo e stagno/antimonio per il colore giallo ( molto tossici) il verde che si produce macinando la clorite, crisocolla ( per il verde/blu) oppure un mix di glauconite e montmorillonite il rosso era prodotto dalla macinazione del cinabro (usato per il famoso rosso pompeiano) di alcuni ossidi di piombo o realgar (quest’ultimo fino al XVIII secolo quando si intuì la loro tossicità) il marrone che si produca mistiando la goethite con la pirolusite il bianco che si poteva fare con la calcite, il gesso e la dolomite. Si conosceva anche l’ossido di zinco ma quest’ultimo venne usato in pittura solo dal 1800. Parte pratica: attraverso l’utilizzo di polveri di ossido di ferro per il rosso e il giallo e polveri di carbone si faranno delle prove pratiche di disegno 2. Laboratorio: Come si attribuisce un nome ad un minerale? Rivolto alle scuole primarie: classi quarta e quinta e scuole secondarie di primo grado Contenuti Laboratorio : Come in tutte le scienze, anche in mineralogia vi è l’esigenza di classificare e dare un nome agli oggetti di studio. Un minerale è una sostanza naturale solida, inorganica e cristallizzata avente composizione chimica e proprietà fisiche ben definite. I nomi dei minerali, al contrario della nomenclatura dei composti chimici, non seguono alcuno schema e spesso non forniscono alcuna indicazione circa la composizione chimica. A volte accade infatti che due minerali diversi con diversa struttura cristallina abbiano la stessa composizione chimica. Nel passato la mancanza di regole precise per l’attribuzione dei nomi dei minerali ha creato molta confusione: qualsiasi ricercatore poteva assegnare a piacere il nome a nuove specie mineralogiche. Si è resa perciò necessaria la creazione di un organismo internazionale incaricato del controllo delle nuove specie minerali e della loro nomenclatura. Nel 1959 è stata istituita l’Associazione Mineralogica Internazionale (I.M.A.) e la commissione dei nuovi minerali e nomi dei minerali (C.N.M.N.M.) che è stata incaricata del controllo delle nuove specie mineralogiche e della loro nomenclatura. la C.N.M.N.M. ha individuato 4 criteri per assegnare il nome a un minerale può derivare dal nome di uno scienziato può fare riferimento a proprietà chimiche, fisiche o morfologiche del minerale può riferirsi alla composizione chimica del minerale può richiamare la località des coperta del minerale Parte pratica: L’attività pratica si svolgerà “ sul campo” attraverso l’utilizzo di esemplari presenti al museo. gli studenti saranno invitati a stabilire l’origine di alcuni nomi e ad attribuire il nome a minerali basandosi sui criteri individuati dal (C.N.M.N.M.) 3) Visita guidata al patrimonio mineralogico In occasione delle iniziative previste per il Festival della Scienza 2022 in occasione delle celebrazioni dell’Anno Internazionale della Mineralogia il Museo Luciano Dabroi di Palazzo Tagliaferro, grazie alla pluriennale collaborazione con il DISTAV (Dipartimento scienze della Terra, dell’Ambiente e Vita) dell’Università di Genova, rende disponibili un calendario di visite guidate disponibili gratuitamente per gli studenti. Le collezioni mineralogiche presenti all’interno di 5 sale museali sono due: la collezione Luciano Dabroi, cittadino andorese a cui il museo è dedicato e la collezione Harmen Schipper, chimico olandese appassionato di minerali, costituita da campioni provenienti principalmente dal Nord Europa. La collezione Luciano Dabroi è costituita da campioni internazionali di notevole pregio: gessi (in particolare nella varietà “rosa del deserto”) provenienti dal Nord Africa, azzurriti della medesima provenienza, malachiti del Sud Africa, quarzi e fluoriti provenienti da tutto il mondo. Tuttavia i campioni forse di maggiore interesse scientifico e museale della collezione risultano essere quelli locali, rinvenuti in Liguria. Primi tra tutti i quarzi “a tramoggia” della Val Nervia (Imperia): si tratta di quarzi caratterizzati da un abito scheletrico, da una particolare morfologia dei cristalli e da un altrettanto particolare tipo di crescita, discontinua e non equamente distribuita sull’intera
VISITA GUIDATA GRATUITA | MINERALOGY 2022
La visita permetterà agli appassionati di minerali di scoprire sia campioni internazionali di notevole pregio quali gessi, azzurriti, malachiti, quarzi e fluoriti provenienti da varie parti del mondo oltre a campioni rinvenuti in Liguria quali i quarzi “a tramoggia” della Val Nervia (Imperia). L’evento è possibile grazie alla pluriennale collaborazione del Museo Luciano Dabroi con i docenti del DISTAV, il Dipartimento Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova.
VISITE GUIDATE AL MUSEO MINERALOGICO
La visita permetterà agli appassionati di minerali di scoprire sia campioni internazionali di notevole pregio quali gessi, azzurriti, malachiti, quarzi e fluoriti provenienti da varie parti del mondo oltre a campioni rinvenuti in Liguria quali i quarzi “a tramoggia” della Val Nervia (Imperia). L’evento è possibile grazie alla pluriennale collaborazione del Museo Luciano Dabroi con i docenti del DISTAV, il Dipartimento Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova.
GLI ZOLFI ITALIANI
L’esposizione temporanea degli esemplari di zolfi siciliani sarà accompagnata dalla video riproduzione del reportage fotografico “The Devil’s Gold” realizzato dal fotografo Luca Catalano Gonzaga dentro il ventre del vulcano Lien Kawa nella parte orientale di Giava in Indonesia, dove i minatori si calano alla ricerca dell’oro del diavolo, come da sempre viene chiamato lo zolfo. Venerdì 10 giugno dalle 15 alle 18 VISITA GUIDATA al patrimonio mineralogico con cocktail finale
JOÃO COELHO | I DIMENTICATI
Introduzione alla mostra delle curatrici alla presenza del Sindaco del Comune di Andora Mauro Demichelis e dell’Assessore alla Cultura Maria Teresa Nasi Sono nato in Angola nel 1964. La guerra di indipendenza ha costretto la mia famiglia a trasferirsi in Portogallo, io ho dovuto interrompere bruscamente l’adolescenza e ho ancora tanta nostalgia dei miei primi anni in Angola. In Portogallo ho completato gli studi laureandomi in giurisprudenza. Ho iniziato la mia carriera ma ben presto mi sono spostato nel settore bancario e finanziario. In risposta al richiamo della terra natale, quattordici anni fa ho colto un’opportunità di lavoro in Angola per sviluppare progetti di auditing e consulenza nell’ambito sociale. Ho sempre provato una forte attrazione per l’espressione scritta e visiva, letteratura, pittura, cinema, musica. La passione per la fotografia è stata una conseguenza naturale, e a vent’anni ho acquistato la mia prima macchina fotografica. Come autodidatta ho cercato di migliorarmi con la lettura di libri e pubblicazioni specializzate e attraverso vari tentativi, anche errori, sono riuscito a pubblicare dei servizi fotogiornalistici su alcune riviste in Portogallo, ma a causa degli impegni professionali ho lasciato da parte la fotografia per alcuni anni. Sono stati il ritorno in Angola e la convivenza quotidiana con i suoni, gli odori e i colori dell’Africa, nonché il contatto con storie di sopravvivenza, a risvegliare la mia passione, e la voglia di raccontare attraverso le immagini. Non è stato facile, ho dovuto superare parecchi ostacoli, come la paura di scattare fotografie in strada a causa dell’alto tasso di criminalità che esiste in Angola, e la tenace resistenza delle persone a farsi ritrarre, un’altra caratteristica a queste latitudini. Ed eccomi a fotografare le persone e le loro storie, all’inizio timidamente, superando le barriere per conoscere veramente chi ho di fronte, il più delle volte storie di povertà, ma vi ho sempre trovato una straordinaria resilienza, amore e cameratismo anche quando non puoi immaginare un futuro a lieto fine. L’interazione con i miei soggetti mi ha portato ad adottare e affinare una tecnica fotografica ravvicinata, dove lo studio degli angoli di ripresa assume grande importanza. Attualmente sto usando una Canon R5 che Canon Portugal mi ha gentilmente prestato – in linea di principio la scambierò con la vecchia 5D Mk IV – e un nuovo obiettivo mirrorless grandangolare, un 14-35 mm. Il grandangolo mi permette di essere vicino ai soggetti e contemporaneamente di includere parte dell’ambiente. Talvolta utilizzo un obiettivo 80-200 mm se non voglio interferire con la scena ripresa o quando penso che i soggetti, come per esempio bambini, siano più rilassati senza la mia presenza ravvicinata. L’Africa è conosciuta per i suoi colori esuberanti, ma il B/N è stata per me una scelta ovvia. Il mio scopo come fotografo e come persona è trasmettere emozioni, sentimenti, attirando l’attenzione sulle disuguaglianze e le asimmetrie che ancora esistono nel mondo in cui viviamo. Lo sguardo più dolce di un bambino ha una storia forte dietro. Se riesco in qualche modo a trasmetterlo, allora mi sento realizzato. L’editing e la post-produzione sono fasi importanti del mio lavoro, per garantire l’impatto e la bellezza delle immagini. Già nel momento della scelta le immagini devono soddisfarmi dal punto di vista narrativo, della composizione e della tecnica, prima che possa migliorare o ottimizzarne l’effetto con la conversione in B/N. Per il progetto qui in mostra, che ho chiamato “I dimenticati”, ho provato a usare immagini a colori, ma colori che non ci si aspetta dall’Africa e diventano quasi dei trasmettitori olfattivi. Il fatto di lavorare in una Paese difficile, non mi permette di uscire semplicemente per strada e di scattare liberamente, quindi devo studiare dei piani a lungo termine, che richiedono l’identificazione preventiva di luoghi con una certa sicurezza e che le persone accettino di essere fotografate nel loro ambiente. L’imprevista pandemia mi ha costretto ad annullare alcuni piani. Il mio progetto fotografico in Africa si mescola con il mio progetto di vita, il desiderio di tornare dove sono nato. La consapevolezza e la tristezza nel vedere come le persone facciano fatica a vivere giorno per giorno, mi ha spinto in una direzione che non avrei preso se fossi vissuto in un Paese del ricco mondo industrializzato. I grandi maestri, come Sebastião Salgado, Dorothea Lange o Robert Frank, mi hanno ispirato e continuano a farlo; in particolare Salgado che trasmette messaggi sociali ed ecologici. I dimenticati Questa è iniziata come la storia di una famiglia di dieci persone: genitori, figli e alcuni nipoti. Per molti anni hanno lavorato e vissuto in questa discarica alla periferia di una città nel sud dell’Angola. Il paesaggio è desolato, quasi paragonabile a uno scenario post-apocalittico. I camion che raccolgono la spazzatura in città, la scaricano qui indiscriminatamente e disordinatamente, in pile che occupano sempre più spazio disponibile. A parte i rifiuti che si accumulano a perdita d’occhio, l’orizzonte è costellato di fragili baracche costruite con bastoni e brandelli di stoffa: le dimore degli spazzini. La fitta nebbia scura, provocata dai roghi di spazzatura, si estende fino alle montagne, che si ergono sullo sfondo come una barriera che divide questo luogo dalla città. Lì abitano coloro che producono la spazzatura, e indirettamente danno da vivere a chi abita e lavora qui: i dimenticati. Non solo dimenticati ma anche invisibili, perché non si vedono dall’unica strada che passa, distante circa 2 km. Chi potrebbe immaginare che persone e intere famiglie vivono e lavorano in questo marasma di rifiuti, polvere e fumo dove il loro unico destino è sopravvivere in condizioni così dure e precarie? Attenta all’arrivo dei camion che trasportano il prezioso carico, la famiglia si precipita a raggiungere per prima il luogo di scarico, guadagnandosi così il diritto agli avanzi della giornata. La maggior parte delle volte bisogna correre dietro ai camion perché non si può mai prevedere dove andranno a finire. In caso contrario, altri gruppi nelle vicinanze si impossessano rapidamente dei cumuli di spazzatura. Perciò bisogna combattere e sviluppare strategie per procurarsi questo lavoro in cui solo i più forti sopravvivono. I rifiuti
JOÃO COELHO
LA SPIAGGIA Il mio posto preferito è un luogo in cui non mi stanco mai di tornare. Una spiaggia alla periferia di Luanda. Qui trovo un insieme di emozioni e sentimenti difficili da trovare altrove; indipendentemente dal giorno o dall’ora in cui arrivo, posso vedere storie incredibili di sopravvivenza, resilienza, amore, tristezza, affetto e aiuto reciproco. Ogni volta ricevo grandi lezioni di umanità da persone poverissime e semplici, che tutti dovremmo ricevere. È una baia protetta da una stretta lingua di sabbia che penetra nel mare quasi volesse in qualche modo creare un porto riparato per chi vive e lavora lì. Un tempo le calme acque dell’oceano lambivano larghe strisce di sabbia, ora si scontrano con mucchi di gusci vuoti di “mabanga” – una specie di vongola comune sulla costa occidentale dell’Africa, apprezzata negli antipasti o in accompagnamento al “pirao”, la schiacciata di farina di mais o manioca alla base della dieta angolana – testimonianze della fatica di generazioni di donne. Nonne, madri, figlie, hanno imparato a estrarre i molluschi per venderli nei mercati della capitale. Tutti hanno ereditato con la povertà il bisogno quotidiano di sopravvivere. Si narra che tutto ebbe inizio ai tempi della guerra civile, circa vent’anni fa, quando i pescatori portarono all’interno delle conchiglie essiccate per scambiarle con prodotti agricoli. Alcune donne, venute dall’entroterra per acquistare conchiglie fresche, hanno scoperto l’abbondanza dei “mabanga” e due di loro si sono trasferite a vivere su queste spiagge, creando questo commercio. Li vendono crudi e alla fine della giornata li cuociono per non farli marcire. La giornata è dura, devi negoziare il prezzo con i pescatori, trasportare i “mabanga” in pesanti ciotole sulle alture dove cominciano a romperli estraendone il mollusco prelibato. Quando la giornata volge al termine, comincia la bollitura in pesanti pentoloni di ferro, riempiti con acqua di mare. Il fuoco viene accesso con legni raccolti e alimentato con qualche pezzo di carbone e rifiuti come sacchetti di plastica e vecchie scarpe, mercanteggiati con lo spazzino e l’intermediario che controlla l’attività sulla spiaggia. Un costo necessario che le donne non possono evitare. Dai falò si sollevano nubi di fumo nero, appiccicoso, che avvelenano il luogo e intossicano i polmoni, spandendo su tutto una tinta scura, fuligginosa, mentre la stanchezza aleggia nell’aria. L’esperienza, una specie di orologio mentale, ha insegnato alle donne quando rimescolare il contenuto e quando è pronto a versarlo sulle reti e i panni stesi sulla spiaggia. Nonostante l’ambiente trasformato in un’apocalisse, hanno ancora abbastanza forza per aiutarsi a vicenda e sorridere dai loro volti grigi. Ed eccole pronte a un nuovo giorno di fatica quando il sole sorgerà di nuovo. Forse un giorno lo scintillio negli occhi di queste donne non sarà più soltanto il riflesso dei falò accesi. Le famiglie si tramandano questa attività, occupando sempre lo stesso posto. Il cumuli di gusci vuoti sono il risultato della fatica collettiva. Ogni guscio è costato la fatica di innumerevoli donne, che per più di due decenni hanno lavorato qui per poter vendere i molluschi nei mercati cittadini. Anno dopo anno i cumuli hanno raggiunto decine di metri, quasi delle montagne di conchiglie vuote. Questa spiaggia non è un luogo di svago come altri lidi di vacanza, ma un campo di strenuo lavoro. Ecco i figli e i nipoti delle donne. Alcuni sono meno fortunati, orfani che abitano nelle baracche dei pescatori che li hanno ospitati. Nonostante la loro età tutti aiutano. Nessuno di loro va a scuola perché le famiglie non possono permetterselo. Non hanno neanche un giocattolo, figurarsi la televisione o un videogame. Non avendo nulla hanno inventato un gioco con quello che la natura può offrire loro. Una giostra semplice, divertente. Tante risate nei pochi secondi di adrenalina su queste loro montagne russe, in uno spirito di cameratismo e di allegria condivisa, con un tuffo finale collettivo in mare. I loro volti e sorrisi sono così genuini e puri. Pare quasi di sentirli mentre cercano di arrivare per primi in cima alle montagne di gusci o quando ridono di eccitazione lanciandosi giù. Attraverso queste immagini si coglie il mondo di chi, pur non avendo nulla, ha tanto da dirci sulla nostra posizione privilegiata. Il loro è un mondo sconosciuto e ingiustamente dimenticato. Mostrarlo suscitando una reazione in chi l’osserva è quanto mi prefiggo come fotografo e persona. TUFFI PROIBITI Una banda di bambini e di adolescenti, che vivono come possono sulle strade della città, mendicando di giorno ai semafori, facendo i lustrascarpe o piccole commissioni. La maggior parte di loro abita in quartieri lontani dal centro della città, ma alla fine della giornata si radunano lungo il mare per raccontarsi le migliori storielle della giornata, provare a pescare qualche pesce con amo e lenza, o semplicemente divertirsi, sguazzando nelle acque della baia ed esibendosi in tuffi acrobatici. La balneazione è vietata su questo lungomare, ma la banda non è intimidita dalle pattuglie di polizia che sorvegliano la zona. Nascondersi o eludere gli agenti fa parte delle loro giornate e del loro divertimento. Stanno sempre in guardia e lanciano l’allarme quando avvistano i poliziotti, mettendosi al riparo dietro ponti e alberi, o semplicemente nuotando e aspettando che il pericolo cessi, che i poliziotti si stanchino e se ne vadano. Nascondono gli indumenti e le ciabatte logore in buche o sotto i ponti, prima di lanciarsi in acqua. Quelli di loro che fanno i lustrascarpe sono meno fortunati; le rudimentali cassette di legno dove tengono i lucidi, le spazzole e gli strofinacci, non entrano in nessun buco e devono essere abbandonate. Sono chiamati “tocas”, dal rumore prodotto con le spazzole sulle cassette per annunciare la loro presenza e attirare i clienti . La bellezza di questo lungomare, frequentato per passeggiarvi e fare sport, e cornice quasi obbligatoria per le foto di matrimonio, nasconde la triste realtà dell’inquinamento prodotto dalle acque reflue della città che vengono scaricate all’aperto, senza alcun trattamento. Proprio le bocche fognarie, sopraelevate rispetto alla linea di galleggiamento, vengono scelte dalla banda come rampa per i tuffi. Conoscono le maree e
VIAGGIO FOTOGRAFICO NELLA VITA DI ALDA MERINI
Un racconto per immagini della vita della poetessa realizzato da chi l’ha accompagnata con affetto e amicizia per molti anni ORE 18.00: INTRODUZIONE ALLA MOSTRA DELLA CURATRICE CHRISTINE ENRILE ALLA PRESENZA DEL SINDACO DEL COMUNE DI ANDORA MAURO DEMICHELIS E DELL’ASSESSORE ALLA CULTURA MARIA TERESA NASI PREVISTA LA PRESENZA DI BARBARA CARNITI MERINI, FIGLIA DELLA POETESSA E DI AVE COMIN, STUDIOSA DI ALDA MERINI
IL FESTIVAL DELLA SCIENZA AL MUSEO DABROI – ed. 2021
Palazzo Tagliaferro è per il VII anno consecutivo location esterna del Festival della Scienza di Genova previsti dal 25 ottobre al 27 novembre laboratori e conferenza sulla parola chiave: Mappe Prenderanno il via lunedì 25 ottobre, con una presentazione ufficiale che si terrà alle ore 15.00, gli eventi proposti dal Museo Mineralogico Dabroi di Palazzo Tagliaferro, nell’ambito del XIX Festival della Scienza di Genova e proseguiranno, dato il notevole numero di prenotazioni, durante tutto il mese di novembre per concludersi sabato 27 novembre con la II Edizione del Convegno Nazionale dedicato all’esploratore Thor Heyerdahl. Tutti gli eventi programmati per la manifestazione sono stati realizzati sulla parola chiave Mappe e sono promossi dal Comune di Andora e curati da c|e contemporary per Palazzo Tagliaferro in collaborazione con il Prof. Enrico Baccarini laureato in Psicologia che ha al suo attivo un bachelor in studi asiatici e antropologia culturale. Per il VII anno consecutivo il Museo Luciano Dabroi, riconosciuto fra i più importanti in Europa per numero ed importanza dei minerali esposti e per la sezione ricca di reperti dell’esploratore norvegese, collaborerà con uno dei più grandi eventi di diffusione della cultura scientifica divenendone location esterna. Il Museo Dabroi effettuerà aperture straordinarie per tutta la durata del Festival dalle ore 15.00 alle 19.00, l’ingresso come sempre sarà gratuito. Per laboratori a disposizione delle scolaresche è necessaria la prenotazione, al numero 348.9031514, fino ad esaurimento posti disponibili. I progetti del Museo Mineralogico Luciano Dabroi di Palazzo Tagliaferro: 1) Lab “Ripercorriamo la storia attraverso le mappe” Rivolto alle scuole primarie: classi prima, seconda e terza Fruibile attraverso collegamenti online da concordare oppure in presenza presso Palazzo Tagliaferro Contenuti Laboratorio : Gli alunni partecipanti al laboratorio parteciperanno ad un laboratorio suddiviso in una parte teorica ed una parte pratica Parte teorica: verranno illustrate le principali civiltà del passato (Egizi, Sumeri, Romani, civiltà Indiana, civiltà Cinese. civiltà sudamericana) Parte pratica: attraverso l’ausilio di mappe in bianco e nero raffiguranti il pianeta gli alunni dovranno ricostruire come in un puzzle la mappa della Terra. Dovranno collocare nei rispettivi luoghi di appartenenza le varie civiltà. 2) Lab Mappe Discorsive “Segni e significati per conoscere e comunicare” Rivolto alle scuole primarie: classi quarta e quinta e scuole secondarie di primo grado Fruibile attraverso collegamento online da concordare oppure in presenza presso Palazzo Tagliaferro Contenuti Laboratorio: I concetti di segno e significato saranno i punti di partenza di un percorso che guiderà gli studenti alla scoperta del linguaggio inteso come strumento di connessione dell’essere umano con il mondo esterno e con il proprio mondo interno. Il laboratorio si concentra sulle Mappe Discorsive e guiderà gli alunni alla scoperta del linguaggio come strumento di connessione fin dal resto passato fino all’evoluzione dei giorni nostri. Si analizzeranno durante le sessioni di studio gli strumenti utilizzati per esprimersi e interagire partendo dal suo-no per arrivare alla parola e alla musica. Si approfondirà la comunicazione non verbale, i simboli le mappe mnemoniche, le fallacie logiche e la possibilità di manipolazione di un discorso al fine di raggiungere un obiettivo desiderato. La sessione di studio si concluderà con quiz a risposta sulla tematica sviluppata nella fase teorica. Sabato 27 novembre: II Edizione Convegno nazionale Thor Heyerdahl “Viaggio dalla geografia alla genetica” DALLE ORE 10.30 ALLE ORE 13.00 Apertura conferenza a cura di Christine Enrile -Presidente dell’Ass. c|e contemporary Enrico Baccarini – Scrittore, editor e direttor della rivista Hera Magazine Antiche Navigazioni: contatti e nuove terre scoperte nel periodo pre-storico Reidar Solvik – Curatore del Kon -Tiki Museum di Oslo Flat or curved?Thor Heyerdahl’s use of maps and globes Beate Bjørge – Manager of The Thor Heyerdahl Institute, Vestfold Museums Norvegia Riflessioni su immigrazione e identità DALLE ORE 14.30 ALLE ORE 18.30 Rino Gaion– Antropologo ricercatore docente al Master Universitario in Bioetica Facoltà Teleologica Torino Mappe ed esperimenti Kon-Tiki – Indagini sull’enigma della patata dolce Massimo Centini – Antropologo culturale docente di Antropologia Culturale e Antropologia dell’Arte Università Popolare di Torino La Cultura Materiale come contenitore di conoscenza Alfredo Aldo Carlo Luvino – Egittologo Docente di Egittologia presso l’Università Popolare di Torino già collaboratore scientifico del Museo Egizio di Torino Dalle piramidi all’enoteismo. Rapporti fra l’Antico Egitto e le Civiltà Mesoamericane attraverso l’oceano. Realtà storica o finzione letteraria? Renata Tiramani – Curatrice di eventi dedicati a Thor Heyerdahl Tenacia e Determinazione per superare le barriere del dogmatismo accademico UN PONTE SUL FUTURO: RICORDO DI BJORN HEYERDAHL Chiusura Convegno alla presenza delle Autorità Mauro Demichelis Sindaco del Comune di Andora Maria Teresa Nasi Assessore alla Cultura del Comune di Andora
PALAZZO TAGLIAFERRO PARTECIPA
ALLE GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO
All’interno del MUSEO MINERALOGICO LUCIANO DABROI sarà possibile visitare la sezione museale dedicata a THOR HEYERDAHL, antropologo, esploratore, regista e scrittore norvegese che scelse di trascorrere parte della sua vita proprio ad Andora nel borgo di Colla Micheri. Nelle sale sarà possibile visionare oggetti inediti, reperti, documenti, disegni e fotografie inerenti la vita e le spedizioni realizzate da Thor Heyerdahl resi disponibili dalla famiglia e dal Museo Kon-Tiki di Oslo con l’importante sostegno dell’istituto Thor Heyerdahl di Larvik. Il progetto vanta importanti patrocini quali il Comune di Larvik, l’Ambasciata d’Italia a Oslo e il coinvolgimento della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma. Fra gli oggetti esposti: il modellino del Kon-Tiki,quello della zattera di legno in balsa con cui Thor Heyerdahl, viaggiò dal Perù alle isole del Pacifico, il modellino del Tigris la grande barca in giunco con cui Heyerdahl coprì oltre 6800 km di navigazione e reperti quali punte di lance, sculture in pietra e oggetti in ceramica provenienti dalle varie spedizioni all’Isola di Pasqua in Perù oltre a documenti inediti quali i disegni realizzati dal ricercatore che aveva una predilezione per la pittura ed il disegno, le lettere indirizzate a Heyerdahl da grandi personaggi quali il Principe Filippo Duca di Edimburgo, il re della Danimarca e ancora fotografie con la Regina Elisabetta II D’Inghilterra, Il Presidente Truman, Il Presidente Saragat.
DANIELE ACCOSSATO | DE-LOCATION
Saranno le opere dello scultore Daniele Accossato ad accompagnare Palazzo Tagliaferro nel nuovo anno. La mostra dal titolo evocativo De-location, curata da Christine Enrile con Viana Conti, propone sculture dell’artista riproducenti alcune delle opere più note del passato ma in una nuova veste a tratti anche dissacrante. I soggetti scelti da questo talento emergente per la realizzazione dei suoi lavori sono archetipi, immagini simboliche che evocano in noi emozioni ormai interiorizzate. Ma con Accossato le icone del passato vengono rapite costrette, sacrificate, in un gesto simbolicamente dissacrante dai molteplici livelli di lettura. Le sculture sono infatti rinchiuse ed esposte in contenitori da trasporto, casse o gabbie di legno che sono al tempo stesso prigione e protezione. È un cambio di prospettiva quello che ci chiede l’artista, una mutazione di contesto e di punti di riferimento realizzato attraverso il coinvolgimento e lo sconvolgimento dei soggetti delle sue opere. La profana mise en pièce da un lato sottolinea l’importanza del passato e della storia dell’arte, in qualità di sapere, di bagaglio culturale e perizia tecnica, dall’altro rappresenta l’azione quasi sacrilega della contemporaneità verso i valori antichi. Ma questo è solo il primo livello di lettura che cela altri intenti alcuni dei quali potranno essere scoperti attraverso la visione delle opere. DANIELE ACCOSSATO Daniele Accossato nasce nel 1987 in provincia di Torino. All’età di 15 anni individua la scultura come metodo comunicativo congeniale, il luogo dove Necessità prende forma. “…è fondamentale che ognuno lavori costantemente alla ricerca del proprio mezzo, il tramite capace di portarlo alla più accattivante espressione di sé e ad un confronto costaste con l’Altro…”. Nel 2011 si diploma con lode presso l’ Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. La sua ricerca parte dalla tecnica, dall’alchimia della scultura, dalle icone che identificano il nostro patrimonio culturale e artistico, per esplorare le dinamiche interiori dell’essere umano e il senso estetico comune.